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Capitolo primo

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Il sole, una monetina da cento lire: questo è rimasto del mondo che i vecchi ricordano. 
La nebbia bagna le strade e le case, i rami degli alberi pendono pensosamente a terra gravati da miriadi di goccioline d’acqua, che in eterna sospensione non si decidono da qualche decennio a farsi pioggia. Il giorno, la notte non esistono. Ogni possibilità di distinzione è andata perduta; ovunque una coltre argentea a riempie lo sguardo. Lontano, vicino, le distanze si stimano attraverso l’uso di  sensori elettronici che, come gli antichi bip delle sveglie, gracidano ad ogni passo, rendendo insopportabile il cammino. I navigatori satellitari se ne stanno in agguato, cani in allerta ben addestrati, pronti a guidare i tuoi passi, ovunque tu abbia desiderio di andare. Desiderare è la nuova libertà. IO VOGLIO, IO POSSO recitano i muri della città, attraverso le lucine a led che forano l'aria fosca. E se non ottieni ciò che desideri è soltanto tua la responsabilità, ti suggerisce l'ennesimo cartellone: ALLINEATI CON I TUOI DESIDERI. Ogni volontà è asservita alle lusinghe di poche centinaia di caratteri ribattuti in continuazione attraverso la rete e moltiplicati da migliaia di condivisioni, l'umanità è soggiogata dalla legge che i Profeti Sganasciati hanno instaurato dal giorno del Grande Urlo. Ogni memoria è bandita dal regno, ogni ricordo è bruciato sulla pubblica piazza, alla berlina sono finiti i racconti dei nonni; il passato è un brandello, tutto buchi, di una storia inutile, improduttiva, un vezzo stupido per fuorilegge. Tecnologie avanzate e studi scientifici hanno decretato che il tempo si è fermato. 
Solo oggi. Sempre e solo oggi. 

Non per tutti, però. 
Nadia cerca di farsi largo nella ressa del locale del momento. Sale la grande scalinata sulla destra e lancia un'occhiata verso il basso. I corpi laggiù infondo si scuotono all’unisono, in avanti ed indietro. Magre teste pelate rimbalzano dalla spalla destra alla spalla sinistra, ritmicamente; ciglia aggrottate si susseguono a occhiali da sole scuri; le braccia pendono lungo i fianchi o si agitano d'improvviso scimmiottando il volo delle falene. La musica tace. Da che il Grande Urlo ha percosso l’aria, infatti, l'uomo ha compiuto l'ultimo balzo evolutivo: si è liberato dell'udito. Nelle discoteche, le vibrazioni si propagano da terra attraverso un complesso sistema di scariche elettriche che con brevi impulsi suscitano delle reazioni involontarie nei corpi degli avventori. Alcune scosse raggiungono le mani di Nadia, che affacciata dal balcone sovrastante si ripete che ormai lei non fa più parte di quella massa. Le dita le tremano, l'indice si solleva involontariamente e lei si allontana in fretta. Entra nel corridoio scuro che le sta sulla sinistra. Buio. Aspetta che la vista si abitui all'oscurità. Poi prende a camminare. Tubi di acciaio percorrono il soffitto. Qualche pazzo starnazza strane storie di motorini e auto, ambientate in quel luogo. Dicono fosse una ditta specializzata che costruiva dei mezzi a due ruote, molto di moda prima che i pozzi petroliferi si prosciugassero. Raccontano di fughe nel vento, di un sole cocente che ti faceva nera la pelle fino all'orlo della maglia, mentre il motore rombava sulla strada. Fra i pazzi, la Nonna, la cui lingua danza dolcemente fra le labbra per raccontare di antiche giornate passate in quel capannone per assemblare i pezzi di anticaglie motoristiche. Nadia è venuta fino lì per cercarla, per ascoltare i suoi racconti. Solo i ribelli possono prendere parte alle riunioni. E le ormai ne fa parte. Sulla porta dell'ultima stanza si trova una vecchia targhetta con su scritto “Direttore del Personale”. Nadia entra. La Nonna siede a gambe incrociate su una pila di cuscini, in quella stanzetta nascosta che l'autorità non ha ancora smascherato. Nadia, invece, sì: ha appena scoperto che il circolo dei ribelli preferisce ritrovarsi nei luoghi affollati, dove il calpestio dei passi e lo sbattere dei bicchieri possono coprire i loro discorsi sussurrati. È stato difficile conquistarsi la fiducia del Randagio, non fosse stato per Camilla non sarebbe neppure riuscita a conoscerlo. Ma lui adesso si fida di lei, anche se talvolta la guarda con certi occhi gonfi di dubbio che sembrano implorarla di non tradirlo.  Poche persone siedono attorno alla donna e la ascoltano. Nei discorsi della vecchia si susseguono parole sconosciute, proprie del mondo che fu, estranee all'eterna nebbia presente: stelle, orizzonti, speranze, sogni, scelte, errori e rinascite. Parole che tintinnano come conchiglie nelle orecchie, mentre Nadia raggiunge Randagio che si trova sulla destra. Gli tocca una spalla per salutarlo e lui le fa spazio sul pavimento freddo. Vorrei rassicurarlo che è andato tutto come previsto: nessuno l'ha pedinata. D'altronde, chi mai potrebbe dubitare di lei? Una madre sola con figlia a carico, il cui unico sostentamento è la pietà del Circolo Profetico, non si metterebbe mai a fare sciocchezze. La Nonna si zittisce e allunga una mano per darle il benvenuto. Per la verità quando Randagio le aveva parlato di Nadia non era stata entusiasta: era rischioso coinvolgere una persona così nei loro piani. Aveva da perdere troppo se fosse stata scoperta: come ci si poteva fidare di lei? Randagio aveva obiettato che proprio per ciò che poteva perdere lei era più affidabile degli altri: voleva regalare a sua figlia una vita vera, non quell'esistenza fantoccio priva di colori e di suoni. 
“Vieni, fatti vedere.” la invita la Nonna. “Piacere di conoscerti.” dice la vecchia e le fa delle domande con una voce morbida e calda, appena sussurrata per non essere scoperta. Nadia si intimidisce: non è abituata a parlare. Nessuno lo è più. Preferirebbe avere fra le mani il suo schermo per digitare una risposta. Scrivere le viene facile. Le parole non le mancano. Ma a parlare. La voce le trema, le si rompe in gola. Discorrere con Randagio è stato semplice, ma con la Nonna di fronte a tutte quelle persone è un'altra questione. La Nonna le sorride. Tutti le sorridono e le fanno segno di accomodarsi e rimanere ad ascoltare fino a che non ritroverà la voce. Da quanto non parla in pubblico? Nadia cerca di ricordare. Ecco, si vede. Era Natale. Una bambina di quattro anni in piedi sopra ad una sedia che recita una poesia. I parenti che ascoltano. Applaudono. Poi c'era stato il Grande Urlo e la videoscrittura era dilagata. 
“Questo che vi racconto” dice la nonna “è un fatto vero, di cui tanti di voi potrebbero non avere memoria e pensare che si tratti di una allucinazione da anziana. Ma io vi dico che c'era una volta, o forse solo l'altro ieri, un tempo in cui gli uomini e le donne erano liberi di fermarsi a chiacchierare in strada, anche senza avere nulla da dirsi. Si faceva un grande ragionare di questioni importanti, come di quisquiglie. Esistevano dei giornali di foglio che per raccontarti un fatto ci mettevano anche tre o quattro colonne. Poi veniva riportata l'idea di quell'esperto e anche di un altro che diceva  l'esatto contrario.”
“Esperto?” chiede qualcuno nella penombra.
“Esperto” suggerisce la nonna “è qualcuno che ha a lungo studiato un argomento, ha sperimentato delle situazioni che hanno messo alla prova le sue competenze, si è confrontato con altri esperti, ha discusso, si è sbagliato, ha riparato ai suoi errori e ha compreso ancora meglio quell'ambito a cui ha dedicato tanto tempo della sua vita. L'esperto è colui che conosce, è quello che prima di dire si domanda se abbia ragione. Se pensa di averla, allora espone le sue idee, mettendo i perché in riga con i fatti e aspetta che qualcuno gli controbatta per vedere se ha proprio ragione o se al suo ragionamento era sfuggito qualcosa che finirà col contraddire i risultati attesi.”
Nadia trasale. Come è possibile che esista una persona simile? Uno la cui parola vale più degli altri? Impossibile. Vorrebbe obiettare alla Nonna che  uno vale sempre uno.
“IO VOGLIO, IO POSSO, recitano i Leoni” riprende la vecchia “ e continuano: IO DICO, IO HO RAGIONE. Io, io, io, io: una litania di io che come una nenia ci incanta e ci stordisce. I Leoni sanno che non potremo avere o fare tutto ciò che vogliamo... che non sempre avremo ragione... Se il loro inganno fosse scoperto, perderebbero il loro impero e allora vanno là all'origine di tutto, il desiderio.., il nostro desiderio... e lo pilotano. ALLINEATI CON I TUOI DESIDERI, ci dicono. Se non ottieni ciò che desideri è perché desideri la cosa sbagliata. La promozione? L'amore? Un figlio? La guarigione? Non ottieni niente perché non è ciò che veramente vuoi. Vieni, ci dicono. Guarda dove ti diciamo ed imparerai a desiderare la cosa giusta. Quella che fa per te. Quella che puoi ottenere. Desiderare è diventata la nostra schiavitù.”
La Nonna tace. Qualcosa la spaventa. Fa segno di nascondersi. Randagio spinge Nadia sotto una scrivania e lui si appiattisce il più possibile contro il pavimento. Uno scalpiccio di piedi si fa vicino, Si ferma davanti alla porta. Una chiave entra nella serratura, ma si tratta della porta di fronte. Dopo poco, di nuovo il rumore di un uscio che si chiude e passi che si allontanano. 
Quando il silenzio ricade pesantemente su di loro, ognuno ritorna al suo posto. Solo allora Nadia si rende conto che sono poco più di una decina di persone. Forse venti. Il buio non le permette di contare con sicurezza. Sente la mano di Randagio sulla sua spalla. Vorrebbe chiedergli se crede alla vecchia. Vorrebbe sapere di più. La Nonna dopo che tutti sono seduti, ringrazia e li lascia con una domanda: “ Per oggi, la riunione finisce qui. Vi ringrazio per essere venuti e per avermi fatto sentire l'affetto della vostra presenza. Se siete qui è perché nutrite dei dubbi. Se nutrite dei dubbi vuol dire che non credete più ai Leoni. Forse vi chiedete se io abbia ragione e dubitate delle mie parole. Bene. Sono contenta.”
Detto questo, la Nonna scompare dietro una porticciola di vetro che si affaccia sulle scale di emergenza. Due ombre la seguono. Nadia trasale. “Non preoccuparti” dice Randagio “È la guardia ribelle.”
La ragazza allarga gli occhi vorrebbe sapere dove va la vecchia, se il posto dove si rifugia è abbastanza sicuro. Si chiede come abbia fatto ad essere sfuggita sempre dai tentativi di catturarla fatti dai Leoni. Devono essere in molti questi ribelli, pensa. Dobbiamo, si corregge.
Randagio la sta spingendo fuori dalla porta. Dice che meglio uscire insieme. Si fermeranno però nella pista sottostante per non dare nell'occhio. Non sarà pericoloso farsi vedere in due, tentenna Nadia. No, fa Randagio per tranquillizzarla, penseranno che ci siamo nascosti per fare l'amore. E la guarda tanto fisso che lei sente una mano stritolarle lo stomaco. Lei abbassa lo sguardo. Lui l'afferra per la mano e la trascina giù. In pista, le scariche elettriche hanno la meglio sulla loro volontà: i corpi iniziano ad agitarsi frenetici, poi s'acchetano e il cervello vuoto non sa più interpretare quel che vede. Ombre e movimenti. Frammenti di esseri che hanno dimenticato di esistere. Entrati nella pista non potranno uscirne prima che il Dj smetta di azionare le valvole dei circuiti. Un quarto d'ora di scariche, poi pausa. Altrimenti il cervello si frigge. 
Quando escono, Nadia è intontita. Guarda Randagio con un sorriso inebetito sulle labbra. Mi odio, le dice, in questi momenti. Poi non può dire altro. Si lasciano cadere sull'erba. Saranno gli addetti alla pulizia a prenderli e a caricarli sui bus che li riporteranno a casa. Ma è ancora presto, la festa durerà per qualche ora: non resta che dormire.

 

23/08/2018

                                                                                                                                                                                                                             
 

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